Fratelli d’Italia inciampa sulla cannabis light: dopo averla equiparata alle droghe con il recente “decreto sicurezza”, dal partito arriva un emendamento alla legge di Bilancio per rilegittimarne la vendita. La proposta porta la firma del meloniano Matteo Gelmetti, ma viene ritirata a stretto giro. Un doppio movimento che lascia perplessi operatori, giuristi e consumatori, riaprendo il dossier su un settore finora sospeso tra divieti, incertezze e sentenze europee.

Che cosa è successo (in breve)

  • Il governo spinge un “decreto sicurezza” che, secondo le ricostruzioni, assimila la cannabis light ai prodotti stupefacenti, restringendone drasticamente la circolazione commerciale.
  • Pochi giorni dopo, un emendamento alla legge di Bilancio a firma di Matteo Gelmetti (FdI) prova a riaprire uno spazio regolato per la canapa a basso THC.
  • L’emendamento viene poi ritirato, lasciando intatto il quadro di incertezza.

Secondo quanto riferito da Il Fatto Quotidiano, la sequenza si consuma in tempi rapidissimi, segnalando una frattura tra linea politica, esigenze economiche della filiera e compatibilità giuridiche con il diritto UE.

Cos’è (e cosa non è) la cannabis light

Con “cannabis light” si indica la canapa industriale con tenori di THC molto bassi (di norma entro lo 0,2–0,3%, talvolta con tolleranze), priva di effetti psicoattivi rilevanti e ricca di CBD. È destinata a usi agricoli, tessili, cosmetici e, in diversi Paesi europei, anche al consumo non medico in forme che non producono sballo.

A livello europeo, pronunce note come il caso “Kanavape” hanno chiarito che il CBD non è sostanza stupefacente; resta però la facoltà degli Stati di introdurre limiti per ragioni di salute pubblica, purché proporzionati e non discriminatori. È in questo equilibrio che si gioca la regolazione nazionale.

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Il nodo italiano: tra stretta e retromarce

Negli ultimi anni l’Italia oscilla: aperture parziali, strette improvvise, interpretazioni difformi. La stretta recente, inquadrata nel “decreto sicurezza”, avrebbe equiparato di fatto la cannabis light alle sostanze stupefacenti, con conseguenze pesanti su negozi specializzati, agricoltori e trasformatori.

La sortita di Gelmetti in legge di Bilancio mirava a recuperare una cornice regolatoria per il comparto. Il ritiro lampo del testo, però, ha rivelato la mancanza di una linea univoca e la difficoltà di conciliare priorità politiche, vincoli europei e richieste della filiera.

Perché il dietrofront? Tre possibili chiavi di lettura

  • Contraddizione politica interna: dopo aver sostenuto una stretta, un allentamento immediato rischia di apparire come una smentita pubblica; il ritiro evita il corto circuito nell’immediato.
  • Rischi giuridici: norme troppo rigide o confuse possono essere impugnate alla luce del diritto UE e delle prassi di mercato; anche una riapertura mal scritta espone a contenziosi.
  • Pressioni e resistenze: il comparto economico chiede regole chiare; segmenti del fronte politico e dell’opinione pubblica restano contrari per motivi valoriali o di ordine pubblico.

Gli effetti sull’economia della canapa

La canapa industriale è una filiera a valore aggiunto potenzialmente significativo: coltivazioni a basso impatto, innovazione in ambito food, cosmetico e materiali, indotto commerciale diffuso. L’incertezza normativa frena investimenti, spinge all’uscita operatori qualificati e alimenta zone grigie dove prosperano pratiche poco trasparenti.

Una regolazione chiara — definizioni, soglie, tracciabilità, controlli, etichettatura — ridurrebbe l’area grigia e darebbe strumenti alle autorità per colpire gli abusi, tutelando al contempo gli operatori legittimi e i consumatori.

Cosa servirebbe per uscire dallo stallo

  • Definizioni univoche: distinguere nettamente canapa industriale, prodotti a base di CBD e sostanze con effetti psicoattivi.
  • Soglie e standard: fissare limiti di THC in linea con l’UE e protocolli di analisi condivisi.
  • Filiera tracciata: registri, certificazioni di provenienza e canali di vendita conformi.
  • Informazione al consumatore: etichette chiare su composizione, usi consentiti e divieti.
  • Vigilanza mirata: controlli efficaci contro doppi usi e pubblicità ingannevole, senza criminalizzare l’intero settore.

Conclusione: coerenza, non zig-zag

Il caso Gelmetti mostra quanto costi l’assenza di una rotta chiara: incertezza per le imprese, contenziosi alle porte, percezione di improvvisazione. Qualunque sia la scelta politica — maggiore apertura regolata o restrizione — serve coerenza, un impianto normativo tecnicamente solido e compatibile con l’Europa. Solo così la discussione sulla cannabis light uscirà dalla logica del pendolo per approdare a regole stabili, comprensibili e applicabili.