CBD nella Gestione del Dolore Refrattario
Negli ultimi tempi in Italia abbiamo assistito a qualche infelice battuta politica nei confronti dei prodotti a base di CBD, azioni atte a rendere addirittura illegali i prodotti a base di uno dei principi attivi non psicotropi e più utilizzati in ambito terapeutico. Fortunatamente lo studio serio e scientifico prosegue, ed è di stampo italiano uno studio retrospettivo del dottor Domenico Quattrone, specialista in Anestesia e Rianimazione presso il Centro di Terapia del Dolore del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria, che ha testato l’efficacia del CBD nella gestione del dolore resistente ai farmaci tradizionali in diversi pazienti affetti da patologie varie e complesse.
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Lo Studio sull’efficacia del CBD nella Gestione del Dolore Refrattario
10 pazienti ambulatoriali sono stati osservati retrospettivamente per 5 settimane. Tra di loro 6 uomini e 4 donne, con un’età media di 59,7 anni e diagnosi di dolore cronico accertate da più di 6 mesi, da moderato a grave e con un certo grado di dolore neuropatico, refrattario al trattamento tradizionale.
In questo studio sono stati analizzati i pazienti affetti dalle patologie più legate al dolore, quali dolore cronico oncologico, dolore osteomioarticolare, quindi di natura neurodegenerativa e affetti da Sclerosi Multipla. Per i pazienti in esame l’uso di CBD ha ridotto di almeno il 35% l’intensità del dolore e nei pazienti con dolore cronico-degenerativo la riduzione dell’intensità del dolore è stata prossima al 60%.
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Nonostante fonti oggettive e scientifiche rimandino a dati positivi circa l’impiego di prodotti a base di CBD in campo terapeutico, alcuni partiti politici italiani continuano una campagna di disinformazione pericolosa non soltanto dal punto di vista dell’arretratezza culturale che dimostra ma anche e soprattutto per la minaccia economica che ne conseguirebbe per tutti i giovani negozi spuntati in ogni città italiana che danno lavoro a moltissimi giovani che hanno investito e creduto in un’innovazione che ha preso piede ormai a livello globale.
Possibile che solo in Italia rimaniamo così tanto arretrati da fare guerra anche al CBD?
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