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Cannabis Legalizzata in Germania, l’Italia Classifica il CBD come stupefacente

Cannabis Legalizzata in Germania, l’Italia Classifica il CBD come stupefacente

Nella settimana appena trascorsa, si è verificato un evento storico: la cannabis è stata legalizzata in Germania. Nel mentre, ci si ritrova a contrastare con una decisione inaspettatamente retrograda in Italia, dove il CBD è stato inserito tra le sostanze stupefacenti. È un doppio standard che suscita perplessità, nonché frustrazione per coloro che sostengono i potenziali benefici del CBD per la salute.

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Cannabis legalizzata in Germania

In Germania, la decisione di legalizzare la cannabis è stata accolta con entusiasmo. Questo cambiamento rappresenta un’evoluzione significativa nell’atteggiamento del governo tedesco verso la cannabis, che, da sostanza illecita, si trasforma in un prodotto le cui vendite contribuiranno significativamente alle entrate fiscali del Paese e soprattutto alla qualità della vita di migliaia di cittadini tedeschi che la utilizzano fin da ora, legalmente o meno, per scopi terapeutici.

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Per l’Italia invece il CBD è una sostanza stupefacente

Detto ciò, è difficile non fare un confronto con il recente cambiamento normativo in Italia. Proprio mentre la Germania plaude alla legalizzazione della cannabis, il CBD, un estratto di canapa noto per i suoi benefici per la salute, viene trattato come sostanza stupefacente in Italia. Tale decisione ha mandato in tilt una filiera intera, con produttori, rivenditori e consumatori che si trovano improvvisamente a dover affrontare una realtà inaspettata e ingiusta.

Il CBD, o cannabidiolo, è un componente non psicoattivo della pianta di cannabis. È riconosciuto per una serie di potenziali benefici per la salute, tra cui il miglioramento della qualità del sonno, la riduzione dell’ansia e del dolore cronico. In molte parti del mondo, il CBD è considerato un integratore benefico e legale.

Invece, in Italia, questa sostanza viene etichettata come stupefacente, una decisione che pare completamente disallineata dai cambiamenti progressisti in atto in gran parte dell’Europa e del mondo. È un passo indietro clamoroso, che rischia di alimentare l’illegalità, minando il lavoro di chi, fino ad ora, si occupava di produrre e commercializzare prodotti al CBD nel pieno rispetto della legalità.

Il contrasto tra la decisione tedesca e quella italiana suscita una serie di domande. In un’epoca in cui la cannabis e il CBD stanno diventando sempre più accettati e integrati nella società per il loro potenziale terapeutico, perché l’Italia ha deciso di andare controcorrente? Qual è la logica dietro la classificazione del CBD, una sostanza non psicoattiva, tra le sostanze stupefacenti?

Ennesima mancata occasione

Rispetto a ciò, è impossibile non valutare la decisione italiana come un’opportunità mancata. Molti altri paesi si stanno muovendo rapido verso la liberalizzazione della cannabis e del CBD, avviando dibattiti costruttivi sulla loro integrazione sicura e regolamentata nella società. Invece, pare che l’Italia si stia trincerando dietro legislazioni obsolete e fuori dal tempo.

Come si suol dire, il progresso è inevitabile. E, in termini di cannabis, sembra che il progresso stia arrivando a ondate in tutto il mondo. Sembra quindi inevitabile che anche l’Italia debba, prima o poi, affrontare questa realtà. Speriamo solo che non sia troppo tardi, e che la decisione recente possa essere rivista in ottica più razionale, moderna e, soprattutto, vantaggiosa per i cittadini italiani.

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